mercoledì 26 ottobre 2016

Un caso di poltergeist

Questo è il resoconto di un caso che si potrebbe definire di "Poltergeist" che ci è capitato di recente di "studiare" (molto virgolettato, e il perché sarà chiaro alla fine) in qualità di gruppo Cicap Emilia Romagna.

Il termine Poltergeist viene dal tedesco e significa "spirito rumoroso". Nei film di paura si manifesta tipicamente con oggetti che cadono, che si spostano da soli, porte che cigolano, televisori che si accendono nel pieno della notte, e fenomeni strani di vario tipo. Uno spirito un po' rompiballe, che evidentemente si annoia, e trova svago spaventando gli umani. Nei film ha in genere ragioni più che valide, del tipo che in vita era stato assassinato in quel luogo, e quindi si sfoga su chi ci vive nel presente. Misteri insondabili della psiche degli spiriti. Nella realtà invece c'è di solito una spiegazione più terra terra.

Recentemente siamo stati infatti contattati da una signora preoccupata per alcuni fenomeni strani che avvenivano in famiglia. Per fare un quadro della situazione,  la signora viveva con la figlia undicenne, si era da poco separata ma aveva un nuovo compagno. La figlia era inoltre in procinto di iscriversi alla prima media. Possono sembrare inutili dettagli da pettegolezzo, ma saranno invece importanti per comprendere la storia.

La bambina, a causa del lavoro della madre, era costretta a passare parecchio tempo a casa della nonna materna, casa in cui viveva anche il nonno malato e costretto costantemente a letto. Questo per inquadrare il contesto in cui si verificavano i fatti seguenti.

All'improvviso a casa della nonna, e sempre in presenza della bambina, cominciano ad avvenire fenomeni strani e apparentemente "inspiegabili". Il tutto ha inizio con una pozzanghera d'acqua che compare sul pavimento nel bel mezzo di una stanza. Si pensa a una perdita da qualche parte, magari un tubo rotto, ma l'idraulico, prontamente chiamato, non trova niente di anomalo. Asciugata la pozza, questa non si ripresenta.

Però un'altra pozza d'acqua compare a breve in un altro punto della casa. E poi su un mobile, e poi su un altro, e un altro ancora. Addirittura un giorno la tavola imbandita per il pranzo viene trovata completamente allagata.

Nel giro di due giorni c'è un'escalation, fino a trovare perfino pozze di detersivo rovesciate a terra e sui mobili.

A questo punto la signora in questione contatta i ghostbusters, cioè il Cicap, dicendo: "io a queste cose non ci credo però... vi prego aiutatemi!". 

Le viene chiesto, tra le varie domande, se il contenuto dei detersivi trovati sparsi sul pavimento e sulle varie superfici sia contemporaneamente diminuito all'interno del corrispettivi contenitori. La risposta è indicativa: i contenitori sono ormai quasi vuoti.

Segno che anche gli spiriti, se devono rovesciare un detersivo, non se lo portano dall'aldilà ma devono prenderlo da qualche parte sulla terra. E siccome di trafugarli alla Conad non se ne parla (suonerebbero all'uscita, perché anche volendo non potrebbero pagare alla cassa, essendo il circuito Mastercard-hell non riconosciuto dalle nostre parti), sono costretti a usare quelli che trovano nella casa che hanno deciso di infestare. Cosa che già da sola, diciamocelo, svilisce questa idea mitizzata che uno può avere degli spiriti maligni.

venerdì 21 ottobre 2016

La università che fanno trovare lavoro


Ma funziona veramente così?

Leggo un articolo di Stefano Feltri su Il Fatto Quotidiano, che si intitola "Università, ora è ufficiale, alcune lauree sono inutili". Esso fa seguito a un precedente articolo dello stesso autore di circa un anno fa, intitolato "Università, studiate quello che vi pare ma poi sono fatti vostri", in cui sostanzialmente si affermava che con alcune lauree si trova lavoro più facilmente che con altre, e quindi chi si iscrivere a corsi di laurea che "non tirano" lo fa a suo rischio e pericolo. Il recente articolo, che riprende questa tesi, è supportato da una recente indagine dell'Istat che indica come i laureati in Ingegneria, Medicina e in "Difesa e Sicurezza" (?!) trovino lavoro più facilmente che i laureati in altre discipline, in particolare quelle umanistiche. La conclusione è che iscriversi a certi corsi di laurea non solo è inutile, ma addirittura dannoso, visto che alla fine costituiscono solo una perdita di tempo.

Tanto per cominciare, anche se questa è una parentesi in ciò che voglio dire, non avevo idea di cosa fosse la laurea in Difesa e Sicurezza. Secondo la statistica dell'Istat, il 99,4% dei laureati in questa disciplina trova lavoro! Praticamente tutti meno qualche sfigato, verrebbe da dire! E ci tengono nascosto un simile paese del Bengodi!? Poi cercando in rete ho scoperto (fonte) che in "Scienze della difesa e della sicurezza" (ci sono 3 sedi in tutta Italia: Modena, Torino e Enna):

"I laureati sono professionisti, militari o civili, dotati della preparazione culturale (umanistica, socio-politologica, scientifica e tecnologica) e dell'addestramento teorico-pratico adeguati per operare con incarichi di comando, di gestione e di coordinamento (amministrativo, logistico e tecnico-operativo)"

E' una laurea per "professionisti", che in italiano significa che lo fanno per lavoro, e quindi normalmente GIA' lavorano, come militari o come civili. E' una laurea che è frequentata principalmente da chi fa l'Accademia Militare o di Polizia. Quindi un laureato in Difesa e Sicurezza trova lavoro perché fa l'Accademia dell'Esercito e fa il militare di professione, o il carabiniere, o il poliziotto, e non perché la Laurea in Difesa e Sicurezza garantisca sicura occupazione a prescindere. Da cui quel 99,4% di laureati-occupati, talmente alto da dover far nascere un sospetto a chiunque. Un esempio perfetto di come si prendano in modo totalmente acritico le notizie che ci arrivano, senza ragionarci un attimo sopra, e le si ripropongano al pubblico a cervello rigorosamente spento.

Ma a parte questo, è certamente vero che è più facile trovare lavoro se si è laureati in ingegneria piuttosto che in filosofia. Non ne ho il minimo dubbio. Se Feltri si fermasse qui sarei d'accordo, perché starebbe asserendo una quasi ovvietà.

La cosa su cui invece trovo il discorso delirante è che, in base al fatto che si trova più lavoro con ingegneria piuttosto che con filosofia, sarebbe meglio scegliere ingegneria (o una delle facoltà con cui si trova più facilmente lavoro) invece che filosofia (o una delle facoltà con cui si trova più difficilmente lavoro). E trovo irritante che in qualche modo l'autore dell'articolo voglia colpevolizzare chi non fa questa scelta come a dire "bravo coglione! hai voluto fare lettere invece che ingegneria, lo sapevi che non si trovava lavoro, adesso non ti lamentare!"

E invece la domanda che bisognerebbe porsi, quella che Feltri si sarebbe dovuto porre, è: quel laureato in lettere e filosofia che adesso è disoccupato, se invece di iscriversi a lettere e filosofia si fosse iscritto a ingegneria, adesso cosa farebbe? Si sarebbe laureato brillantemente e adesso lavorerebbe, o è più facile che avrebbe abbandonato gli studi perché a lui le materie che si studiano a ingegneria non piacciono e non interessano?

Feltri ragiona come se la scelta dell'università fosse uguale a scegliere un paio di scarpe. Non mi piacciono moltissimo, anzi, per dirla tutta non mi piacciono proprio, ma durano di più... tengono l'acqua... e quindi alla lunga è un acquisto che ripaga! E quindi la mia passione sarebbero i testi dei classici greci, ma siccome con quelli non ci si trova lavoro mi metto a studiare i carichi delle travi portanti o l'asportazione della cistifellea. Tanto più o meno siamo lì come argomento, no? Uno vale l'altro! Come se si potesse così, tranquillamente, mettere in secondo piano le inclinazioni, le attitudini di ognuno, e potessimo ignorare ciò che ci piace ma soprattutto, udite udite, ciò che non ci piace!

Sì perché se ti piace Leopardi e non sei portato per la matematica, non è che puoi chiedere un cervello di ricambio perché con Leopardi non trovi lavoro! Hai questa sfiga, e devi conviverci! Colpa di quei libri che ti appassionavano fin da piccolo, magari, che se sapevi ti mettevi a studiare i cataloghi di condensatori e resistenze, invece di leggerti Anna Karenina, ma ormai cosa ci puoi fare? 

Infatti per fare ingegneria, o medicina (lasciamo stare Difesa e Sicurezza perché abbiamo capito che è una puttanata dire che ci si trova lavoro) ti deve piacere un certo tipo di studi. Non diventi medico se ti fa impressione il sangue, o se di studiarti 7000 pagine di nomi di malattie, ghiandole e principi attivi è ultima tua vocazione nella vita. E se al liceo matematica e fisica proprio le detestavi e invece scrivevi da dio e traducevi Seneca online, non è che puoi improvvisarti studente di ingegneria solo perché poi si trova lavoro.
E ovviamente sarebbe anche vero il contrario se si trovasse lavoro con filosofia più che con ingegneria: non ci si improvvisa appassionati di Hegel se la propria vocazione è fare l'ingegnere aerospaziale.

Se non ti piacciono certe materie, gli studi universitari diventano una pena! Se non ti piacciono le materie che si studiano a ingegneria, col cavolo che ti ci laurei! Non te le fai piacere come ti fai piacere un paio di scarpe! Fai una fatica bestia, e è molto probabile che a un certo punto gliela dai su. E comunque, metti pure che ci riesci, sarai probabilmente un modesto ingegnere di modeste capacità, e tutti quelli bravi ti passeranno avanti. Tutti quelli che avevano la passione per quel tipo di studi.

Questa idea che, siccome i laureati in certi corsi di laurea trovano posto più facilmente, allora conviene studiare quei corsi di laurea, è una emerita sciocchezza, perché non tiene conto delle attitudini individuali, che sono invece determinati per conseguire quelle lauree.

E poi, lasciatemi dire, a costo di apparire retorico, che esistono anche i sogni. Sì, quelle cose che quando hai 18 anni e ti immagini adulto, ti vedi a fare un lavoro che in quel momento senti essere il TUO lavoro, quello per cui sei stato proggettato. Certo, lo sai che sarà quasi impossibile, la parte razionale del tuo cervello te lo continua a ripetere che è molto probabile che prenderai una sprangata sui denti, ma per te quell'idea è talmente importante che ci vuoi credere, e sai che farai tutto il possibile per realizzarlo. E siccome è un sogno, sei certo che lo realizzerai.

I sogni sono un ingrediente essenziale per orientare la propria vita. Sono, oserei dire, il motore della vita. Quello che ti spinge a fare le cose, a trovare la grinta, a superare le difficoltà. Andrebbero incoraggiati, invece che soppressi. Certo, poi si resta spesso scornati, ma avere un sogno (senza voler somigliare a Briatore, o a Crozza che imita Briatore) è fondamentale. "I've got to follow that dream, wherever that dream may lead", cantava Elvis, e accidenti se aveva ragione!

Sì perché io a 18 anni avevo un sogno, quello di diventare uno "scienziato". Volevo diventare un fisico e fare il lavoro del fisico. Sapevo che non era facile, ma nella mia mente sognatrice e ingenua non avevo dubbi che ce l'avrei fatta. E' proprio il potere dei sogni, no? Non si chiamerebbero così, altrimenti! Il potere di farti credere che anche lo cose razionalmente molto difficili possono diventare vere se veramente lo vuoi. E se avessi dato retta al posto facile e all'Istat, probabilmente avrei scelto qualcosa di diverso da Fisica, magari Economia e Commercio, come si chiamava allora, anche se di studiare quella roba non me ne poteva fregare di meno, e forse alla fine mi sarei pure laureato,  e poi magari sarei andato a lavorare in banca o chissà cosa, incrementando di uno la statistica degli occupati per quel corso di laurea.

Per fortuna non l'ho fatto.



lunedì 10 ottobre 2016

Bruno Vespa guardato allo specchio è ancora un Bruno Vespa possibile?

Simmetrie e leggi della natura


Ai fisici piacciono le simmetrie. Una simmetria è un'operazione che lascia invariato qualcosa. Ad esempio una farfalla è simmetrica rispetto al suo asse. Se scambiamo destra con sinistra, la farfalla resta identica, e non riusciamo a distinguerla da quella di prima. Un vaso ha un asse di simmetria: ruotandolo attorno a questo asse la forma del vaso resta identica. E così via, di esempi ce ne sono in quantità.

Le simmetrie piacciono ai fisici quando riguardano le leggi della natura. Ci sono alcune operazioni matematiche che non cambiano le espressioni delle leggi fisiche. Ad esempio le leggi della fisica non cambiano se decidiamo di misurare il tempo cambiando lo zero di riferimento con cui lo misuriamo. Nelle formule della fisica non compare mai un riferimento assoluto di tempo, e questo significa che le leggi della natura non cambiano con lo scorrere del tempo. La F=ma, ad esempio, resta sempre F=ma, oggi come domani come fra un milione di anni, perché in essa intervengono soltanto variazioni di tempo, che rimangono inalterate qualunque sia il nostro tempo zero.

Può sembrare una banalità, ma ai fisici piace questa cosa perché esiste un teorema che dice sostanzialmente che se un qualche tipo di operazione (in questo caso una "traslazione temporale") lascia invariata la forma delle leggi della natura, allora esiste una quantità fisica che si conserva, cioè che non cambia durante l'evoluzione del sistema considerato. Nel caso specifico del tempo la quantità che resta conservata è l'energia.

Bello vero? L'energia, quella cosa che in tanti credono di poter creare dal nulla con macchine astruse mettendo poi il filmato su youtube e dicendo che non ce lo vogliono far sapere (con una dozzina di punti esclamativi) è conservata da un principio fisico fondamentale legato sostanzialmente alle proprietà dello spazio e del tempo.

E allo stesso modo le traslazioni spaziali non cambiano le leggi della fisica, (qui o a New York o su Plutone le leggi della fisica si scrivono allo stesso modo) e come conseguenza abbiamo la conservazione dell'impulso (detto anche quantità di moto), altro caposaldo della nostra conoscenza della natura. E anche le rotazioni delle coordinate attorno a un qualunque asse scelto a caso non cambiano la formulazione delle leggi fisiche, e questo ci garantisce la conservazione del momento angolare, quella cosa che le pattinatrici conoscono bene quando, raccogliendo le braccia attorno al corpo, si mettono automaticamente a ruotare più veloci. E' il momento angolare che si conserva, grazie al fatto che le leggi della natura sono "isotrope", cioè non dipendono da una direzione assoluta di riferimento.

Tra le varie operazioni matematiche che uno può immaginare c'è l'inversione delle coordinate spaziali. Questa operazione si chiama in gergo tecnico "operazione di parità". Ogni punto dello spazio è identificato da tre coordinate spaziali, x, y e z. Domanda: scambiare x con -x, y con -y e z con -z cambierebbe le leggi della natura? Se all'improvviso invertissimo tutte le coordinate delle posizioni di tutto ciò che osserviamo, le formule delle leggi fisiche ne risentirebbero? Cambierebbero le formule? Dovremmo usare libri di fisica diversi a seconda della convenzione che usiamo?

Intuitivamente ci verrebbe da dire di no: nell'universo non esistono un alto e un basso assoluti, così come una sinistra o una destra, o un davanti e dietro. E' sempre una questione di convenzione, e una convenzione non può influire sulle leggi della natura.

Però le particelle fondamentali, come ad esempio gli elettroni, hanno una caratteristica detta "spin". Ruotano, per così dire, anche se non è una vera rotazione come quella di una trottola.

Quindi supponiamo di avere un elettrone che si muove nello spazio. La riflessione delle coordinate, cioè l'operazione di parità, non cambia il suo verso di rotazione, mentre, al contrario, ne inverte la direzione del moto.  In sostanza si può dire che l'operazione di parità inverte la direzione del moto di una particella rispetto alla direzione del suo spin.

L'inversione delle coordinate spaziali, cioè l'operazione di parità, a guardarla bene, equivale a una rotazione seguita da una riflessione speculare. Siccome sappiamo già che una rotazione non cambia le leggi della fisica, chiederci se l'operazione di parità cambia le leggi della fisica si riduce a rispondere alla domanda: una riflessione speculare cambia le leggi della fisica?

Cosa vuol dire in pratica questa domanda? Cosa vuol dire chiedersi se le leggi fisiche cambiano di espressione quando effettuiamo una trasformazione, che nel nostro caso è un'inversione speculare?  

venerdì 7 ottobre 2016

Confondere intrattenimento con giornalismo

C'è chi crede che Le Iene facciano giornalismo di inchiesta.


E' notizia recente dell'intervista de Le Iene a Eleonora Brigliadori, ex presentatrice tv e personaggio dello spettacolo, oggi convinta sostenitrice della "terapia" Hamer contro il cancro. Il virgolettato è perché la "terapia" afferma cose del tipo che se hai un tumore la causa è in qualche tuo trauma passato che non hai metabolizzato. Tipo che se hai un cancro alle ossa è perché a ginnastica alle elementari ti prendevano in giro perché non sapevi fare la capriola, o cose del genere. Quindi l'ex presentatrice, forte delle sue convinzioni, afferma ai microfoni de Le Iene che la chemioterapia e le altre terapie convenzionali non servono, anzi sono dannose, perché per guarire dal cancro basta stare bene con se stessi e curare i traumi psicologici. Curati i traumi psicologici il cancro sparisce così come è venuto. Suppongo che le stesse cose avrebbe il coraggio di dirle anche ai genitori di bambini di un anno con la leucemia, cioè che i loro figli hanno il cancro per colpa dei traumi passati!


Ma a parte i deliri della Brigliadori e di quelli come lei (ce ne sono troppi, purtroppo, non molti ma comunque troppi), deliri che non vale neanche la pena di confutare, perché si rischierebbe di dare loro un minimo di autorevolezza che proprio non meritano, la cosa che mi lascia perplesso è il plauso che tanti tributano al programma Le Iene per questa coraggiosa intervista. Lo stesso programma che aveva "svelato" all'opinione pubblica anche i vaneggiamenti della Dottoressa Mereu (finalmente radiata dall'albo), che sostiene anche lei di abbandonare le terapie ufficiali, qualunque sia la malattia, e fare cose del tipo infilarsi una medaglietta della Madonna in vagina (questo se donna; se uomo non specifica l'alternativa). Quella Dottoressa Mereu che viene osannata acriticamente da una corte di sostenitori senza-se-e-senza-ma, anche questa per fortuna limitata ma in ogni caso troppo ampia, considerate le assurdità che questo (ex) medico dice.

Le Iene sono lo stesso programma, però, che aveva portato alla ribalta anche il caso Stamina, glorificando questa volta il suo promulgatore, tale Davide Vannoni, laureato in Scienza della Comunicazione, il quale sosteneva di curare con infusioni di non ben identificate cellule staminali cose ritenute dalla medicina ufficiale inguaribili come la Sclerosi Laterale Amiotrofica, una malattia neurodegenerativa che porta velocemente all' impossibilità di movimento, di respirazione, e infine alla morte. Le Iene, che hanno deriso la Brigliadori e le sue esternazioni in campo medico, sono lo stesso programma che aveva tranquillamente ignorato il parere degli esperti sulla non esistenza di terapie efficaci contro la SLA, e sulla certa non affidabilità scientifica della cura proposta (a caro prezzo, decine di migliaia di euro a trattamento) da Vannoni. Lo stesso programma che aveva spacciato Vannoni come eroe solitario contro la saccenza autoocelebrativa della scienza ufficiale. Lo stesso programma che aveva alimentato per puro calcolo di profitto (la cara, vecchia audience) le speranze, poi rivelatesi vane, dei familiari di pazienti, che erano scesi in piazza proclamando Vannoni come il Don Chisciotte del momento.

Sì perché bisogna dire questa cosa molto chiaramente: alcuni credono che Le Iene facciano giornalismo di inchiesta, ma invece sono semplicemente un programma di intrattenimento come mille altri, attento unicamente all'audience. E quindi, strizzando l'occhio agli ascolti, gli autori del programma hanno gioco facile con scocomerate come la Mereu o la Brigliadori. Non si va controcorrente a dare addosso a una che ti dice che se vuoi guarire dal diabete devi smettere l'insulina e metterti un santino nel culo! Non ci vuole coraggio, non si va contro il sentimento nazionalpopolare degli italiani, né si sfidano poteri intoccabili. E soprattutto non c'è il pericolo di inimicarsi la "gggente", né di andare a toccare i sentimenti della massa. In particolare quella massa che guarda la tv.

Ben diverso invece è andare a dire ai genitori di bambini che la scienza giudica al momento incurabili, che i loro figli sono effettivamente incurabili, e che quel santone che millanta terapie miracolose (a caro prezzo) li sta illudendo, e in pratica truffando. E' molto più difficile in questo caso andare contro chi promette di alleviare il dolore, di dare una speranza, dicendo come effettivamente stanno le cose. E' sicuramente impopolare dire a un genitore, che vede nel movimento semi-involontario del figlio dopo il trattamento di Vannoni una speranza per suo figlio, che quel movimento ci sarebbe stato probabilmente comunque anche senza terapia, e che Vannoni se ne sta approfittando per fargli credere quello che non sarà. Se lo si facesse si direbbe la verità, ma si apparirebbe impopolari, cinici e insensibili alle tragedie altrui, e quindi si perderebbe audience, che è l'unica cosa che interessa a programmi del genere.